mercoledì 5 dicembre 2007

LE QUOTE MORRONE

La curva lo ama. Lui ricambia con grinta e sudore. E, qualche volta, il gol. Stampato, sul retro della maglia, il 4. Numero umile ed educato, sincero, di chi non ha nulla da nascondere. Quello di Lorenzo Minotti, tanto per intenderci. E’ l’acquisto dell’anno, Stefano Morrone. Nato a Cosenza, i suoi tacchetti chiodati in cemento armato hanno calcato l’anno scorso l’erba dell’Armando Picchi di Livorno. A giugno, l’arrivo a Parma. D’estate non va in spiaggia a fare il fighetto con le racchette: lavora per la polizia, addestrando alla corsa i cani antidroga. I poliziotti glielo liberano contro: quelli scappano, annaspando, ma intanto si fanno le ossa. Parco di parole, appena arrivato in ritiro ha preso subito in mano la situazione: “Tu non mi piaci” ha detto al preparatore atletico Brignardello. Quando ha problemi fisici, Morrone va a correre sull’argine. All’alba: non vuole seccature. Alla presentazione ufficiale della squadra, in piazza Garibaldi, ha chiesto al responsabile del misterioso “Progetto Cina”, Beppe Dossena, cosa facesse per guadagnarsi da vivere: “Curo la collaborazione tra il Parma e l’Oriente. E tu?”. “Io curo caviglie” ha risposto. Dopo il pareggio casalingo con la Signora, tutti a sperticarsi negli elogi. E lui: “Mi fa piacere ricevere complimenti, anche se li baratterei con qualche punto in più”. E probabilmente qualche punto in più ce l’avremmo pure, se qualche gamba moscia (vedi sotto) prendesse un po’ della sua cattiveria. Cattiveria agonistica, s’intende. Perché, quando fa fallo, Morrone è sempre il primo a scusarsi con la vittima. Prima delle partite Di Carlo prova i raddoppi: “Non mi servono” abbaia lui, che, quanto a pressing, vale per due. All’inizio gli mancavano il porto e le serate passate con Lucarelli a leggere Marx negli spogliatoi. Ci è voluto poco a fargli cambiare idea: Sua Tommasità lo ha portato dalle Picchi e, come Obelix con la pozione magica, gli ha fatto bere del Lambrusco di Ceci. Da quel momento il Morro non ha più avuto dubbi. Quando la saudade riaffiora, basta un goccio e il nostro torna leone. Per questo, anche durante le partite, le sue borracce sono sempre segnate col pennarello: dentro c’è il succo magico, altro che acqua, Red Bull e intrugli simili. Ogni tanto arrivano pure i gol. Precisi, scientifici. Come a Palermo (sua ex squadra). Come col Livorno (sua ex squadra). Uno piacevole da rivedere, insomma. Se affronta i suoi vecchi compagni, dà loro la mano ma dopo poco li infilza con la sciabola: 3 minuti alla Favorita, 10 al Tardini con gli amaranto, tanto gli ci è voluto per sciogliere l’imbarazzo. Croce dei presidenti che se ne liberano, delizia di quelli che lo acquistano, di gente come Morrone ne servirebbe a volontà. Undici, per la precisione. Dopo le “quote rosa”, attendiamo con ansia le “quote marrone”. Pardon, “Morrone”.

Nessun commento: